Janáček, Leoš

Data di nascita
3 luglio 1854
Data di morte
12 agosto 1928
Categoria
Biografia

Leóš Janáček nacque a Hukvaldy, in Moravia, il 3 luglio 1854, nono figlio di Jiří e  Amálie Grulichová. Il padre era il maestro elementare del villaggio e il piccolo Leóš trascorse un’infanzia povera. Compì i primi studi musicali a Brno, continuandoli poi alla scuola d’organo di Praga (1874-75) e ai conservatori di Lipsia (1879-80) e di Vienna (1880), ma si formò sostanzialmente da autodidatta. Ritornato a Brno, prese a svolgervi un’intensa attività di insegnante e di direttore d’orchestra e di società corali. Intanto si dedicava, anche in collaborazione con l’etnomusicologo František Bartoš, allo studio del canto popolare moravo e a ricerche approfondite di psicologia e fisiologia acustica.

Dopo l’opera teatrale Šárka (terminata nel 1887 e rielaborata nel 1924), ancora di ispirazione romantica sui modelli di Bedřich Smetana e Antonín Dvořák, scrisse lavori che riecheggiavano il folklore da lui studiato: le Danze di Lachi per orchestra (1892), le cantate Amarus (per soli, coro e orchestra, 1897) e Padre nostro (per soli, coro e pianofore, 1901). Ma Janáček fu un compositore a sviluppo tardivo: la sua prima opera significativa (Jenůfa) andò in scena quando aveva cinquant’anni, e i suoi capolavori più importanti videro la luce quando aveva ormai superato i sessanta.

Quest’opera, composta nell’arco di dieci anni (1894-1903, rappresentata a Brno nel 1904) segnò dunque l’inizio della fase più matura e originale della sua produzione, caratterizzata dall’individuazione delle matrici melodiche e ritmiche della musica nelle inflessioni e negli andamenti del linguaggio parlato, e dalla scoperta della vasta disponibilità armonica fornita da un libero concatenamento di accordi, emancipato dalla sintassi tonale ottocentesca. Le tappe più significative di questa produzione sono costituite da opere teatrli, tutte improntate a un’appassionata problematica morale (già presente in Jenůfa): nelle sue opere satiriche Viaggio del signor Brouček sulla luna e Viaggio del signor Brouček nel sec. XV, entrambe rappresentate senza successo a Praga nel 1920, viene sferzato, con mordente umorismo, il filisteismo piccolo-borghese, alla luce di una polemica libertaria e nazionale.

In Ká’ta Kabanová (1921, tratta da Uragano di Aleksandr Nikolaevič Ostrovskij) emerge l’angosciata protesta contro la società borghese; è questo uno dei poli della poetica del compositore. L’altro è la fiducia nella natura, sentita come fonte di vita libera e autentica, sentimento che trova espressione altissima nella Piccola volpe astuta (1924), una fiaba in cui la foresta e gli animali che vi abitano costituiscono emblemi di moralità, in contrasto con la crudeltà degli uomini; la freschezza della narrazione, la varietà coloristica e l’intensità lirica della musica fanno dell’opera uno dei capolavori di Janáček. L’Affare Makropulos (1923-25), tratto dalla commedia di Karel Čapek, mette in scena un complicato caso legale incentrato su una donna dal misterioso passato, e a poco a poco si trasforma in un’amara riflessione sulla vita e sulla morte, cui la musica conferisce un tono ambiguo tra commedia del genere noir e psicodramma dell’angoscia.

L’ultima opera, Da una casa di morti (1927-28), si basa invece sulle oscure memorie di Fëdor Michajlovič Dostoevskij dalle prigioni zariste. Quasi scomparsi gli elementi legati al folklore, si fanno qui più cupi gli accenti di desolato pessimismo. Anche la produzione teatrale dell’ultimo periodo annovera lavori memorabili, dagli inconfondibili tratti stilistici: il procedere del discorso musicale non per sviluppi tematici ma per incisi ed ellissi, per addizioni e ripetizioni; i blocchi armonici a contrasto; le figure ostinate; le asprezze timbriche. Si vedano il ciclo di liriche Diario di uno scomparso (1919), ove si narra dei conflitti interiori di un contadino che abbandona il villaggio per seguire nel bosco una zingara che ama; o quello delle 18 Filastrocche infantili (1926), per nove voci soliste e dieci strumenti (tra cui ocarina, flauto, clarinetto, contrabbasso, tamburino, pianoforte); e soprattutto la vigorosa Messa glagolitica per quattro soli, coro, orchestra e organo (1926), dalle linee spigolose e dai ruvidi contrasti, su testi dell’antica liturgia slava.

Fra la musica strumentale spiccano, oltre alla celebre rapsodia Taras Bul’ba per orchestra (1918), i due Quartetti per archi (1923 e 1928), in particolare il secondo (Lettere intime), esempio di prosa musicale, con la volubilità, le reticenze, le improvvise accensioni di una confessione. Inoltre, il Concertino per pianoforte e sei strumenti, il Capriccio per pianoforte (mano sinistra), flauto, due trombe, tre tomboni e tuba, e la colorita Sinfonietta per orchestra, tutti del 1926; la Suite “Mládi” (“Giovinezza”) per sestetto di fiati (1924); la Sonata per violino e pianoforte (1914-21); e, fra le composizioni pianistiche, la Sonata 1-X-1905 “Dalla strada”, in memoria di un operaio ucciso durante una manifestazione antiaustriaca (1924).

Bibliografia
  • Michael Beckerman, Janacek as Theorist. Stuyvesant, Pendragon Press, 1994.
  • Janacek Studies. A cura di Paul Wingfield, Cambridge, Cambridge University Press, 1999.
  • Janáček and his world. A cura di Michael Beckerman, Princeton, Princeton University Press, 2003.
  • John Tyrrell, Janáček. Years of a Life. I (1854–1914): The Lonely Blackbird. Londra, Faber & Faber, 2006.
  • John Tyrrell, Janáček. Years of a Life. II (1914–1928): Tsar of the Forests. Londra, Faber & Faber, 2007.
  • Franco Pulcini, Janáček. Vita, opere, scritti. Bologna, Albisani, 20142.
  • John K. Novak, The Symphonic Works of Leoš Janáček. Francoforte, Peter Lang, 2016.
Scritti
  • Leoš Janáček, Janacek's Uncollected Essays on Music. A cura di Mirka Zemanova, Londra/New York, Marion Boyars, 1993.
  • Leoš Janáček, Intimate letters. Leoš Janáček to Kamila Stösslová. A cura di John Tyrrell, Londra, Faber & Faber, 1994.

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GVI

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Modificato
07/02/2019

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